Adolescenza stroncata dal web

di Angelo G. Sabatini


Nell’annosa interminabile rissa sulle nuove tecnologie la valutazione si fronteggia tra il giudizio degli estimatori che vi vedono l’avvento del progresso inarrestabile, la panacea di tutti i mali che costellano l’universo umano, e la schiera, in verità esigua, di quanti paventano il restringimento della sfera d’autonomia dell’essere umano, della sua libertà, della nascita e avanzamento della zona dei diritti. Paradossalmente: l’illusione, per esempio, di poter costruire una maggior difesa della sicurezza personale e collettiva. Ma la diversa articolazione funzionale della tecnica, (dalla strumentazione in appoggio alla forza bruta, alla creazione di prodotti chimici corroboranti l’energia vitale e alla diffusione di processi comunicativi rapidi e socializzanti esaltandone la collaborazione per una migliore organizzazione della vita individuale e collettiva) non salva l’umanità dalla costruzione di zone di rischio per il benessere e la felicità umana; specialmente per quell’essere umano che nell’uso scorretto, per imperizia o per fini eticamente “sensibili”, genera danni alla persona e insicurezza sociale.
È chiaro che se mal utilizzata la tecnologia può generare eventi non sempre utili per l’individuo. Si pensi a quali aberrazioni può condurre un uso del web senza la guida “etica” di principi, o di semplici accortezze, nella messa in atto della sua potenziale ricchezza operativa.
Partiamo da due fatti di cronaca: il suicidio di giovani vite immesse nel tritacarne del cyberbullismo. Una delle prove più significative riguardanti l’assoluta realtà dei mondi virtuali, la mutazione del bullismo nella versione on-line.
Due eventi che vanno letti ricordando che il verbo inglese “to bully” significa “opprimere e tiranneggiare”. Applicato al fenomeno della pratica del cyberbullismo, cui ormai alcuni giovani, ma anche gente matura, ricorrono incoscientemente non può non inorridirci e porci il problema di come evitare che un atto segnato di violenza possa, stando ai dati statistici, trasformarsi in un fenomeno sociale che abbisogna di una regolamentazione istituzionale e giuridica.
I due esempi che generano sdegno individuale e collettivo sono legati al constatare che l’utilizzo intenzionale, sistematico e pianificato nell’uso della rete a volte, considerata la fragilità psicologica della vittima, la induce a una decisione moralmente dannosa: il suicidio.
C’è il caso del quindicenne gay di Roma che, preso in giro perché indossava pantaloni rosa, non ha retto alle umiliazioni e ha deciso di morire. Carolina Picchio, incapace di sopportare gli insulti ricevuti dai compagni su Facebook, si è tolta la vita.
Due esempi sufficienti per percepire lo sconvolgimento psichico delle vittime e delle decisioni letali frutto della tirannia di una violenza che incide nella vittima in forma radicale. Violenza dannosa moralmente anche per il cyberbullo e le varie componenti sociali chiamate in causa per la responsabilità che hanno: il dovere-compito di monitorare tali eventi promuovendo azioni formative in direzione individuale e collettiva.
Considerata l’espansione dei media e la maggiore sensibilità delle istituzioni tocca ad esse fare intendere all’adolescente, al giovane e ai loschi personaggi maturi che il bullismo trasforma un gioco, spesso nato occasionale, in un atto di violenza che per la vittima può trasformarsi, come abbiamo visto, in un destino tragico.