Morte o trasfigurazione della sinistra?

di Angelo G. Sabatini

La sinistra non perde soltanto la propria identità e gli spazi elettorali utili per realizzare il messaggio politico di quel welfare state sognato con tenacia dalla nascita del Capitale di nonno Marx e da tutti i nipotini litigiosi per una eredità trascinata nel vortice delle sconfitte nobili e meno nobili. Il quadro attuale, nel mondo, in Europa e in Italia, presenta qualche isola di utopia tradita e sempre più imprendibile. Lontano nell’estremo Oriente vive il virgulto di una eredità esigua, nei territori lontani del sudest asiatico. Sacrari onorati con devozione dai figli fedeli alla speranza di una resurrezione che per avere corpo ed essere evento dovrebbe invertire la linea del tempo o attendere la resurrezione dei morti. Ma anche allora scoprirebbe che Marx, Lenin, Stalin e i khmer rossi sconfesseranno se stessi e saranno indulgenti con quel truce capitalismo duro a morire, idea dalle mille teste capace di sfuggire al colpo mortale di una economia politica troppo severa e conflittuale verso il suo nemico.

L’andamento irreversibile degli avvenimenti che finisce coll’immolare nella fucina della necessità storica ogni aspirazione umana, nobile o plebea, vigorosa o decadente, rotta da virtù o da ignominia, da vittorie o sconfitte, trascina nel fiume del non ritorno la speranza di governare il corso degli accadimenti con la forza di un progetto esemplare, di una idea vincente, di un esito pacificatore della conflittualità insita in ogni disegno salvifico.

Le aspirazioni della sinistra, rivoluzionaria o riformista, a realizzare lo stato sociale dell’uguaglianza e del benessere agiscono oggi in un processo estenuante colorato più da sconfitta che da vittoria e alla maestosità iniziale della teoria dei fondatori e alla vigoria dei costruttori del mondo nuovo è subentrato lo sparuto drappello di reduci di una battaglia che si presenta ormai destinata alla resa.

La nobiltà delle idee e dei valori di una sinistra propositiva e redentrice si impoverisce lentamente erosa dalla decadenza dell’energia morale di una società relativista e remissiva, distratta e sempre più fiaccata dall’affermazione di una società disorganica e dominata da una cultura dell’evanescenza, negazione di quelle spinta vitale che viene dall’ideologia che ormai è sotto accusa da quella classe intellettuale che non ha saputo creare un argine al flusso devastante del relativismo inerte rispetto al compito di costruire una città dell’uomo operosa e inerme di fronte all’irrompere di una falsa cultura dominata dall’orgia dell’apparire, da una teatralità svuotata di ogni messaggio propositivo ed eticamente costruttivo.

La scena è tragica, ma la rappresentazione è comica: attori svuotati di quell’energia interiore che mentre scava nel cuore degli eventi dominati dall’inerzia li spinge verso l’accentuazione di quella catarsi rigeneratrice che riempie il vuoto di un’esistenza sconfitta e apre il cuore alla speranza di un mondo migliore. ma chi accende la speranza di una sinistra vittoriosa in una olimpiade senza primatisti con un tedoforo senza fiaccola?

La risposta è semplice, anche se povera di realismo: la cultura, generale in primis e politica, non dopo ma consustanziale, perché la cultura per agire nella mente e nel cuore degli uomini è immagine e regola della vita, individuale e collettiva. Non le nobili scorribande degli intellettuali nella prateria dell’immaginazione creatrice ma ricerca e comprensione delle tensioni del presente per sorreggerle con accanimento nella corsa verso la città dell’uomo.

E gli strumenti? i mezzi, il propellente per la macchina dell’azione? Sono a portata di mano?

Nel palcoscenico della formazione etico politica non occupa la scena la spinta rivoluzionaria delle origini, l’orgoglio proletario nel simbolo del riscatto del lavoro ma la rappresentazione scenica della parola e della scrittura che svegliano e catturano il consenso, vero trofeo della vittoria per la conquista del potere.

L’apparato di una lingua, che è segno, immagine, realizza il suo potere di conquista e di guida nelle scelte dei costruttori di progetti dei focolai del futuro.

Un tempo, non lontano, quando la politica curava l’obiettivo di mandare messaggio di superamento della follia totalitaria del “secolo breve” i quotidiani e le riviste dei partiti avevano funzione di propellente culturale di sostegno all’azione di conquista del consenso.

La sinistra aveva il primato della propaganda con quotidiani di forte diffusione primo fra tutti “l’Unità”, gloriosa testata d’origine gramsciana. Un giornale che ha occupato quotidianamente le edicole sparse nell’intero Paese e non c’era borgo o sezione che non ne mostrasse la ricchezza dell’informazione e l’evoluzione ideologica del nascente partito comunista, dal periodo della forte passione ideologica e conflittuale del periodo postbellico alla svolta della bolognina e alla nascita del Partito democratico.

Pur nella modulazione del progetto di una sinistra fortemente ideologica in una più leggera azione di critica radicale, l’Unità ha rappresentato il laboratorio di diffusione di un’idea di società dai connotati di una sinistra moderna fino al giorno in cui i compagni d’un tempo e i lettori di sempre, recatisi nell’abituale edicola, hanno appreso che l’infermo aveva steso le cuoia. L’Unità non poteva più fornire ai suoi lettori la succulenta brioche del mattino.

La domanda che è prevalsa nei fedeli lettori è stata riassunta da uno dei leader più noti del partito comunista nel suo movimentismo: Massimo D’Alema che, ribadendo la convinzione che «la sinistra e il giornalismo del nostro Paese non possono fare a meno dell’Unità, auspica (…) che il giornale torni in edicola con un progetto di rilancio, che sia tuttavia rispettosa dell’identità di un quotidiano che non può essere come gli altri e che deve mantenere il suo profilo di portavoce delle idee e dei valori della sinistra».

Un auspicio di difficile realizzazione che per avere fortuna deve avere chiara la domanda: qual è il messaggio della sinistra oggi e quanto c’è di sinistra oggi nel partito che esso rappresenta?


 

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